martedì 13 gennaio 2009

Blow up! (corsi di fotografia)



Primo giorno: teoria.
Secondo giorno: foto sul campo.
Terzo giorno: commento alle foto di cui sopra.
Quarto giorno: primi piani.
Finito.




Dopo una settimana sei un fotografo semiprofessionista che per me significa sapere che quella miriade di pulsanti, indicatori e numeri posizionati sulla macchina fotografica non sono puramente decorativi e che il viso diafano, le occhiaie che ti affliggono lo sguardo non sono solo frutto dell'eredita' genetica di tua madre, ma anche dell'ombra del sole bastardo che dovresti imparare ad eliminare.
Dopo due settimane ci sei dentro fino al collo.
Dopo tre, probabilmente, ti sei gia' rotto.
Nella Speedy gonzales citta' di Hong kong i corsi di fotografia durano quattro giorni per nove ore. La mia fedele amica flemma mi ha assicurato di lasciarmi in pace per un po' (non che glielo abbia chiesto con voce stentorea). Mi iscrivo.
U' pruffssor' (cosi' avvaloro la tesi del milanese N.B. che pensa che per parlare napoletano basti cambiare la o con la u e il femminile in maschile) ci accoglie gentilmente, mentre io e N. ci siamo gia' detti telepaticamente che assomiglia ad Harrison Ford.
L'australiano cerca di convincerci che e' una cosa seria utilizzando termini in latino, affermazioni che lambiscono il campo filosofico tipo: la fotografia e' un perfetto strumento per la rappresentazione della realta'. Hey mate, ho tutte le intenzioni di renderla piu' bella la mia realta' attraverso le mie foto!. Poi mostra delle foto giallastre (esemplificative della tipologia di risultato che non si dovrebbe raggiungere) e fa una battuta sull'epatite, ahime', altro bersaglio ricorrente del mondo dei sani. Per fortuna (e scusatemi amici epatitati) non era sul diabete!. Sarei stata costretta, in accordo col mio  canovaccio, a diventare rossa, riprendermi e sentirmi in obbligo di "dichiararmi" per dimostrare l'assenza di complessi di inferiorita'. Scampata bella.
Le informazioni che tenta di trasferirci sono tantissime: per dirla alla Troisi e chi lo avrebbe detto che una (macchina) cosi' piccolina potesse contenere tanto......
Sono seduta in prima fila con N. strategicamente vicino perche' e' sempre piu' veloce e bravo a capire, quindi utile. 
Sono un pessimo soggetto sia attivo che passivo. Il fotografo mi chiede di fargli da assistente. Ascolto e interpreto le sue richieste con circospezione, ma resto imbranata lo stesso. Deve essersene accorto. Infatti, mi ritrovo a fargli da modella, mentre l'efficiente tedesco mi ha gia' soffiato il posto di assistente. Anche in questa seconda veste non me la cavo.
Craig mi psicoanalizza istantaneamente: sono troppo timida perche' non guardo nell'obiettivo e non sono in grado di creare "gli angoli" posizionandomi correttamente. Avevo forse bisogno del cangurotto per capire che sono tragicamente adamantina?
Per fortuna e' ora di pranzo e posso smontare dal servizio (omaggio a papa').
La combriccola multinazionale lascia lo scarno loft a sud dell'isola per recarsi in un commerciale ristorante cinese (il malfamato napoletano N. e' convinto che Craig sia convenzionato con questo posto). Ora, cari amici Diaby, a questi tipi di ristoranti scordatevi il calcolo dei carboidrati e che dio o chi per lui ve la mandi buona. Come cantavano i Rolling Stones "chinese girls...you never know quite what they are cooking inside those silky sleeves". Non si sa mai quello che ci mettono realmente in quei fagottini di cibo. 
Potete immaginare la profondita' della conversazione con gente (gli studenti del workshop, appunto) che non parla la tua lingua, che non hai mai visto in vita tua e con cui devi condividere qualche ora per pranzare. Ho ancora difficolta' con questo tipo di situazioni. Soprattutto ora che ad HK il luogo comune della diatriba su quanto facebook sia demone o angelo non e' piu' di moda.
Il resto della lezione sara' caratterizzato da un flusso continuo di informazioni del prof (e dai relativi improperi da parte mia ogni volta che non capisco), dalle costanti domande dell'isolano inglese con una voce baritonale fastidiosa (no, no, vi assicuro che non lo sto insultando solo perche' mi fa rabbia avere difficolta' a capirlo), dall'assillante bofonchiare nelle orecchie di N. per cercare di strappargli qualche chiarimento.
Sono soddisfatta del corso, ma non delle mie performance, ovviamente.
Per il "battezzo" della splendida creatura che mia cognata ha sfornato qualche tempo fa, avro' scattato centocinquanta foto, ma nessuna mi ha veramente soddisfatta.
Nel corso del successivo soggiorno milanese, invece, e' andata meglio: una foto della sorridente coppia sardagnola e' stata etichettata come bella.
Troppo poco. Ancora WEAK WEAK WEAK.....come avrebbe detto qualcuno.